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FILCTEM CGIL Avellino … questione dell'acqua nei nostri giorni

Tra pochi giorni si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992; Acqua e Sviluppo Sostenibile.

Anche questo direttivo, con la presenza degli ospiti, è un momento per sensibilizzare l'attenzione del pubblico sulla questione dell'acqua nei nostri giorni, per non perdere di vista le problematiche relative all'accesso all'acqua dolce e alla sostenibilità degli habitat acquatici, sia su scala globale che a livello locale. Sebbene il nostro territorio sia stato da sempre considerato ricco di acque, e

quindi per certi versi “immune” dai problemi di desertificazione che caratterizzano altre zone del pianeta (comunque non tanto lontane da noi) riteniamo necessario, come Filctem CGIL, avviare una discussione sulle problematiche inerenti la protezione delle risorse idriche, vero patrimonio (per alcuni “oro blu”) della Provincia di Avellino, e sulla gestione delle stesse, anche alla luce dei fenomeni di inquinamento della falda riscontrati nel montorese – solofrano oramai da oltre un anno.

Preservare la qualità delle acque, infatti, non solo significa tutelare l’Ambiente in generale e gli ecosistemi già minacciati dalla pesante antropizzazione e industrializzazione, ma diventa un’esigenza prioritaria per salvaguardare la salute umana e per assicurare una risorsa insostitubile per le attività civili e produttive, siano esse di tipo industriale che agricolo basta dire che fatto 100

il volume di acqua del pianeta solo lo 0.60% è acqua dolce..potabile….

Queste semplici considerazioni avrebbero dovuto essere sufficienti a far si che fossero state già da tempo stabilite le regole, ed attivate le conseguenti procedure, per garantire una corretta gestione

e tutela delle risorse idriche, soprattutto in quei territori (ed è proprio il caso della Provincia di Avellino) che per motivi naturali si trovano a dover gestire un prezioso patrimonio idrico.

Ricordo brevemente che le risorse idriche irpine alimentano alcuni dei principali acquedotti dell’Italia meridionale (AQP – ABC – ACS – ASIS), ma anche numerosi acquedotti gestiti da singoli Comuni e importanti invasi utilizzati per usi produttivi e idro-potabili (Conza della Campania, Monteverde, Castelbaronia, Solofra, Montoro, ecc.).

Purtroppo, però, ci troviamo ancora ad affrontare criticità di varia natura, in buona parte derivanti dalla mancata applicazione della Legge n. 36/94 (la famosa “Legge Galli”), c he sancì alcuni fondamentali principi riguardanti la gestione delle risorse idriche.

In estrema sintesi, questa Legge prevedeva l’individuazione di Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.) in cui la gestione del Servizio Idrico Integrato (quindi di tutte le sue fasi di captazione, adduzione,

distribuzione, collettamento e depurazione) doveva essere affidato ad unico gestore; ciò avrebbe dovuto garantire, secondo le intenzioni del legislatore, un servizio “efficace, efficiente ed economico”.

In realtà, la Regione Campania individuò quattro A.T.O. che, sostanzialmente, seguivano i confini provinciali, prevedendo l’accorpamento delle provincie di Avellino e Benevento nell’ATO 1 “Calore Irpino”. Attualmente, per quanto riguarda l’ATO 1, non è ancora stato individuato il soggetto gestore, nonostante le varie disposizioni legislative che si sono succedute abbiano addirittura previsto lo scioglimento delle Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale, che attualmente risultano essere commissariate. Nel frattempo la Regione ha avviato le procedure per l’approvazione di un “riordino del S.I.I.”, ipotizzando in una prima fase la riduzione del numero di ATO da 4 a 3 (per quanto riguarda in nostro ATO era stata prevista l’acquisizione di alcuni Comuni del Casertano e la contestuale uscita dei Comuni del Montorese e del Vallo di Lauro) e, successivamente, la formazione di un unico ATO regionale.

Questa ipotesi, in verità, dell'aTO unico regionale era già stata avanzata, qualche anno fa, anche dalla Filctem di Avellino, sebbene con sostanziali differenze rispetto al D.D.L.R. attualmente in discussione, con la tutela di tutte le aziende pubbliche operanti, anzi rafforzandole rispetto ai gestori privati in virtù del referendum sui servizi pubblici essenziali.

Infatti, essa derivava dalla necessità di assicurare da un lato, e per l'appunto, il rispetto dell’esito dei Referendum cha avevano in sostanza sancito la volontà popolare di assicurare la gestione

pubblica del S.I.I. e, allo stesso tempo, di garantire una pianificazione a livello centrale che avrebbe dovuto mirare essenzialmente a :1) razionalizzare i prelievi per evitare sovrasfruttamenti delle risorse; 2)assicurare adeguate forme di ristoro ambientale ai territori su cui grava l’onere di garantire la qualità delle acque, consentendo il completamento/adeguamento delle reti fognarie e degli impianti di depurazione delle acque reflue, nonché per programmare il risanamento delle reti idriche distributive che presentano, allo stato attuale, perdite notevolmente superiori e fuori

alla media nazionale tra 50%-80%; 3) definire e regolamentare i trasferimenti idrici, con regolari e compatibili ristori, tra regioni contermini e per questo ultimo punto è da rilevare che è assurdo che singoli comuni possano pensare di intraprendere "contrattazione", individuale sul bene acqua pensando di escludere aree e o territori che necessitano della risorsa e pensando di monetizzarla al miglior offerente e di questo modus operandi, sbagliato secondo noi, potrebbero essere preso ad esempio Cassano Irpino e o Caposele.  

Per quanto riguarda, invece, la gestione del S.I.I. avevamo ipotizzato la creazione di sub-ambiti con caratteristiche morfologiche e demografiche omogenee, dal momento che le problematiche gestionali relative a reti molto estese a servizio di territori orograficamente complessi e con bassa densità abitativa (come ad esempio le Provincie di Avellino, Benevento e parte del salernitano) sono sostanzialmente diverse dalle reti a servizio delle aree metropolitane densamente abitate.

La differenza sostanziale della nostra proposta rispetto a quella attualmente in discussione riguarda la “governance” di questa nuova struttura: noi avevamo ipotizzato il controllo diretto da parte dei Comuni, cioè da parte degli Enti che meglio conoscono le esigenze del territorio e delle sue criticità, mentre la Regione ha pensato di istituire, già in questa fase transitoria, una “Struttura di missione” (di nomina del presidente regionale), riservando agli Enti locali una generica funzione consultiva.

Tale scelta, però, lascia di fatto aperta la possibilità che la gestione del servizio, o anche solo di alcune parti di esse, venga affidata a soggetti privati, e di fatto è in contrasto con la volontà

popolare, manifestata attraverso i referendum, di optare per la gestione pubblica del S.I.I.

Non a caso, a fine gennaio, il Consorzio CABIB (che gestiva il servizio idrico in alcuni Comuni del Beneventano) ha deliberato l’aggregazione con GESESA, ossia il gestore della rete idrica di Benevento ed altri 12 comuni sanniti (gruppo ACEA Caltagirone), con il dichiarato intento di

“ diventare leader nel Sannio della gestione idrica ”.

Anche a livello di legislazione nazionale, d’altra parte, non è ancora stata pienamente recepita la scelta refendaria sulla gestione pubblica del servizio idrico, anche se l’art. 7 del decreto “sblocca Italia” sembrerebbe poter salvaguardare quantomeno le gestioni pubbliche saldamente presenti sul territorio, diciamo sembrerebbe perchè poi all’art.43 sulla razionalizzazione delle società partecipate locali, o anche la possibilità di far cassa con la vendita delle stesse ci pone nella stato di massima attenzione. Ma la questione legata al riordino del S.I.I. ed alla necessità di assicurare “senza se e senza ma” la

gestione pubblica delle reti non è, purtroppo, la sola preoccupante criticità del settore idrico.

In primo luogo, è assolutamente necessario che i soggetti a cui sarà affidata la gestione (che, ribadisco, dovranno assicurare la gestione pubblica nel rispetto della volontà popolare) riescano a dotarsi di una organizzazione efficiente che sia in grado di fornire ai cittadini / utenti un servizio di elevata qualità ( con tariffe ragionevoli e che tengano conto anche di situazioni particolari – ad esempio i nuclei familiari a basso reddito e/o numerosi) e che, al tempo stesso, mettano in atto tutte le possibili procedure finalizzate alla riduzione delle perdite in rete e, in generale, all’ammodernamento ed efficientamento degli impianti. Da questo punto di vista, la situazione attuale è sicuramente da migliorare.

La maggior parte delle reti idriche e dei relativi impianti a servizio della provincia di Avellino e Benevento sono ormai da considerare assolutamente inadeguati, anche perché negli ultimi decenni sono stati veramente pochi gli interventi strutturali in tale direzione o per carenza di programmazione delle Amministrazioni o anche, come nel caso della “Pavoncelli bis” per difficoltà procedurali (difficoltà anche connesse agli idroprelievi che non creino depauperamento dell’habitat) che ne hanno ritardato la realizzazione.

Anche il servizio di depurazione presenta numerosi e preoccupanti ritardi per quanto riguarda il completamento e l’efficientamento degli impianti di trattamento delle acque reflue. Qui troviamo l'intervento della Regione a favore delle ASI-CGS (con partner privati).

Ciò soprattutto a causa della scarsa attenzione riservata al problema da parte dei “proprietari” degli impianti (essenzialmente la Regione per le reti adduttrici ed i Comuni per le reti distribuzione) che avrebbero dovuto prevedere interventi di manutenzione straordinaria e di ammodernamento delle reti. Qui la regione non interviene a tutela del pubblico, cioè le sue stesse reti....come mai?

Solo negli ultimi mesi (e tra l’altro da pochissimi Comuni) sono stati presentati singoli progetti di interventi nel campo del Ciclo Integrato delle Acque, nell’ambito delle iniziative per l’Accelerazione della Spesa attivate dalla Regione Campania per non perdere i fondi EU.

Per questi motivi, non è più rinviabile l’eliminazione delle gestioni locali delle reti idriche comunali; diventa quindi assolutamente prioritaria l’individuazione di un gestore unico del S.I.I.

per ciascun ambito territoriale “omogeneo” che potrà essere realizzato mediante il progressivo processo di accorpamento delle gestioni attualmente esistenti, in particolare tutelando le aziende pubbliche come ACS, ABC e AQP, al fine di garantire una gestione razionale delle

risorse, non tralasciando l’importanza del totale collettamento reflui, l’efficace depurazione degli stessi e le azioni di riuso dell'Acqua nei siti industriali.

A queste ultime attività, infatti, va riconosciuto un ruolo assolutamente strategico dal momento che esse assolvono alle fondamentali funzioni di proteggere la salute umana e di salvaguardare

l’ambiente in tutte le sue componenti.

A tal proposito, è necessario fare un riferimento alla drammatica situazione che, ormai da oltre un anno, sta interessando i Comuni di Solofra e Montoro.

Quest’area, caratterizzata dalla presenza di numerosi attività produttive industriale (in particolare dalle aziende del polo conciario di Solofra), e agroalimentari è da sempre stata considerata ad elevata vulnerabilità nei confronti dell’inquinamento, tant’è che nel Torrente Solofrana, già da diversi anni, sono stati riscontrati preoccupanti valori della concentrazione di inquinanti di origine chimica e metalli pesanti.

Un Anno fa abbiamo dovuto constatare che l’inquinamento ha interessato anche le acque sotterranee, cioè quelle acque che, attraverso numerosi pozzi realizzati nella piana di Solofra e Montoro, venivano utilizzate (almeno fino a gennaio 2014) per le esigenze connesse ai cicli

produttivi delle industrie, ma anche per uso potabile.

A seguito della scoperta di PCE (tetracloroetilene) in concentrazioni superiori a quelle previste per il consumo umano nella falda sotterranea, l’emungimento da tali pozzi è stato sospeso, creando

non poche difficoltà alle attività produttive, oltre che consistenti disagi alla popolazione.

Per affrontare il problema, venne istituito un tavolo tecnico presso la Prefettura di Avellino da cui, dopo oltre un anno dalla scoperta dell’inquinamento, è emersa la proposta di riattivare alcuni pozzi in località Chiusa (al confine tra Solofra e Montoro) per avere maggiori informazioni circa l’entità del fenomeno e, successivamente, valutare anche la possibilità di ripristinare l’utilizzo delle acque se fossero stati riscontrate concentrazioni di inquinamento inferiori ai

limiti di legge; inoltre abbiamo appreso, proprio Lunedì, che il commissario dell’A.T.O. ha predisposto un piano di caratterizzazione, ma non siamo ancora a conoscenza della sua attuazione e riteniamo vi siano anche delle “debolezze” dovute alla mancanza di risorse, ma

anche e soprattutto alle tante competenze e normative (talvolta in contrasto tra loro) che ci fanno pensare sia meglio coinvolgere l'ISPRA per far inserire la Solofrana e il sottosuolo in un sistema di monitoraggio complessivo ed organico (che oltre alla componente acqua consideri anche altre matrici ambientali, quale aria, suolo e sottosuolo).

In tutto ciò siamo estremamente preoccupati, nonostante le rassicurazioni fornite dai gestori e dai Comuni interessati, a causa del notevole ritardo con cui è stato predisposto il piano di

caratterizzazione complessivo dell’acquifero contaminato, che è propedeutico alla stesura di un progetto di bonifica che invece, in casi simili, avrebbe dovuto avere una priorità assoluta, considerato che in simili episodi di inquinamento, verificatisi in altre zone d’Italia, le attività di risanamento hanno richiesto tempi molto lunghi, ma che hanno visto il ricorso a particolari tecniche tra cui l'installazione di filtri per depurare le acque, anche cautelativamente.

Invece continuiamo ad assistere ad una preoccupante assenza della Regione che, attraverso la Struttura di missione di cui sopra, si è opposta all’unico tentativo di caratterizzazione (seppure parziale) proposto al Tavolo Tecnico, ma si è ben guardata dall’attivare le iniziative volte alla bonifica ambientale dell’area, che pure rientrano tra le sue competenze, oppure per le comunicazioni della Cogei, azienda privata inserita nell'albo delle aziende regionali che effettuano servizi di depurazione, gestore del depuratore consortile distretto di Solofra che, dalle carte di Jucci ex commissario dell'emergenza Sarno, diceva essere stato risistemato ed in grado di depurare acque con agenti chimici come il TCE e anche per portate rilevanti, che però si sottrae alla possibilità di depurare …....

Ovviamente riguardo alle tematiche ambientali, e sempre nell’ottica di salvaguardare le ingenti risorse idriche sotterranee di cui dispone l’Irpina, non posso che ribadire la netta opposizione

all’ipotesi di trivellazione di pozzi per la ricerca di idrocarburi previste nella nostra provincia, ritenendo che la “questione energia” possa essere affrontata efficacemente con un maggiore

impegno, nel campo delle fonti rinnovabili e, soprattutto, riducendone i consumi attraverso l’efficientamento energetico di fabbricati e impianti.

Ecco, queste riteniamo essere le questioni che dobbiamo affrontare, conoscendole, pianificando ed essere conseguenti, puntando ad uno sviluppo di progresso reale e sostenibile. 

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