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Se l’Europa implode…

È evidente che il processo, avuto inizio con l’elezione di Tsipras, può determinare conseguenze non solo per il Paese ellenico, ma per l’intero continente, dal momento che, sull’esempio greco, molte altre nazioni del vecchio continente potrebbero decidere di non pagare più il debito verso la BCE e l’UE, per cui andrebbe in difficoltà la moneta comune, che non avrebbe alcuna ragione di esistere, se dovesse venir meno la disciplina di bilancio e, soprattutto, se non venissero mantenuti i patti, che sono stati contratti in passato.
È, altrettanto, vero che la Germania, custode unica della divisa continentale e del rigore finanziario, dovrebbe contribuire a ridefinire, in modo non velleitario, le norme che sono alla base dei Trattati e, dunque, dell’Unione, perché non può non sfuggire che - rimanendo in essere le condizioni attuali - si rischia di portare l’Europa su di un terreno scivoloso e, potenzialmente, molto pericoloso.
Infatti, dopo la Prima Guerra Mondiale, il problema del debito comportò in Germania l’ascesa del Nazismo, sebbene, nel caso della Repubblica di Weimar, esistesse un altro fattore - la fortissima inflazione - che spinse il popolo tedesco ad affidarsi ad un regime totalitario, cruento ed antisemita, come quello presieduto da Hitler.
Non vogliamo lanciarci in improbabili paralleli storiografici, che potrebbero denunciare un’ansia ingiustificata, ma un dato non è sottovalutabile.
In tutte le nazioni occidentali, la Destra europeista e conservatrice sta perdendo, progressivamente, consenso in favore di uno schieramento reazionario e razzista, come è accaduto d’altronde nella stessa Grecia, dove la sconfitta del Governo uscente è coincisa con il successo di Alba Dorata, che, pur non essendo divenuta la prima forza del nuovo Parlamento, ha un consenso molto ampio, per cui si candida a guidare lo Stato ellenico, qualora dovesse fallire il tentativo di Tsipras, che, invece, interpreta le istanze di un anti-europeismo - comunque - progressista e compatibile con un’idea, ancora democratica, dello Stato e della società.
È ovvio che le risposte, sia sul piano politico, che su quello finanziario, devono essere date in tempi relativamente rapidi, perché non si può attendere la consumazione di una vera e propria tragedia continentale, tuttora possibile se la povertà - che ha colpito la patria di Platone ed Aristotele - dovesse estendersi all’intera area del Mediterraneo.
Non è un caso se in Spagna, prossima al voto generale, i sondaggi prevedono il successo di una lista, Podemos, che, ricalcando il programma di Tsipras, aspira a rimodellare la Sinistra riformatrice e a dare una svolta seria, in termini di elaborazione politica, all’azione di Governi che, nel corso dell’ultimo decennio, hanno operato senza soluzione di continuità, indipendentemente se la maggioranza parlamentare fosse stata moderata o socialista.
La Grecia non può essere abbandonata al suo destino, perché, ineluttabilmente, tirerebbe dietro con sé Stati, politicamente, finanche più importanti.
Pertanto, urge che la questione ellenica diventi, ben presto, la “questione europea” per antonomasia, visto che non si può ipotizzare che i debiti sovrani delle varie nazioni vengano pagati, facendo ricorso al taglio ulteriore dei servizi sociali o, comunque, alla riduzione della spesa per Istruzione, Sanità, Difesa, Previdenza.
Quale sarà, allora, il ruolo dell’Italia nei prossimi mesi, quando la trattativa fra Tsipras e la Germania della Merkel entrerà nella fase decisiva?
È opportuno che le nazioni del Sud dell’Europa si facciano da intermediarie nel contenzioso fra il Paese più ricco e potente e quello più debole ed arretrato, se si vuole evitare che, con l’esplosione dei nazionalismi, il nostro continente non diventi una polveriera, che può scoppiare, tragicamente, da un momento all’altro.
Siamo in una fase di svolta: o l’UE si avvicina alle istanze dei cittadini, anche mettendo in conto che una parte cospicua della ricchezza finanziaria, accumulata in questi decenni, venga spesa per soddisfare i bisogni primari delle persone o assisteremo ad una violenta balcanizzazione delle nostre terre, che – quindi – non potranno non andare incontro ad un conflitto che diventerà - ad un tempo - economico, politico e, finanche, religioso.




Rosario Pesce

 

 

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