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Il trionfo del sindacato

La manifestazione di ieri della CGIL ha ottenuto un risultato lusinghiero: secondo i dati della Questura capitolina, sarebbero scese in piazza oltre un milione di persone, provenienti da tutta Italia. 
Una partecipazione, quindi, davvero massiccia, se si considera che l’evento del 25 ottobre non era stato preceduto da altri happening ed è esso stesso propedeutico all’organizzazione di momenti successivi di lotta sindacale. 
Due sono stati, però, i dati effettivamente essenziali della giornata di sabato: in primis, nonostante il grande afflusso di giovani ed anziani, la Segretaria Nazionale del principale sindacato italiano, la Camusso, non ha reso pubblica la data del probabile sciopero generale, che dovrebbe costituire il momento finale di una stagione di contestazioni, democratiche e civili, all’operato del Governo. 
Segno, questo, molto importante, visto che prudentemente la CGIL, prima di arrivare alla proclamazione dello sciopero generale, ha interesse a ricucire il rapporto con le altre due sigle confederali, CISL ed UIL, allo scopo di costruire un fronte di lotta molto più articolato e vasto. 
Inoltre, a fronte di una decisione così prudente da parte della Camusso, Renzi - invece - a Firenze, impegnato nei lavori della sua corrente, ha dichiarato in modo solenne che il Governo tirerà dritto, non prendendo in alcun conto la partecipazione popolare alla manifestazione romana. 
Il Presidente del Consiglio, dunque, non ha interesse a creare i presupposti di una mediazione, ancora possibile, prima che il provvedimento sul lavoro vada alla Camera per la definitiva approvazione: sembra quasi che il Premier voglia, anzi, cercare lo scontro, allo scopo di fornire al Paese la rappresentazione plastica di una plateale prova muscolare, così da far intendere ai suoi elettori che egli non si lascia intimidire da un milione di Italiani, che assai democraticamente e civilmente esprimono dissenso. 
Peraltro, quella di ieri è una piazza, che dovrebbe essere cara al PD e al suo Segretario Nazionale, dal momento che, fra quei manifestanti, erano presenti sicuramente moltissimi che, alle elezioni europee dello scorso mese di maggio, hanno votato per il partito che regge le sorti del Dicastero attuale. 
Per cui, l’atteggiamento renziano, peraltro ampiamente prevedibile, appare un po’ masochistico: le prove di forza, infatti, non hanno mai portato fortuna a chi ha tentato, in passato, di percorrere i medesimi sentieri di oggi. 
Berlusconi venne bloccato da uno sciopero generale, indetto dalla CGIL di Cofferati nell’aprile del 2002, che fu in grado di portare in piazza circa tre milioni di cittadini: se i numeri della prossima manifestazione dovessero essere gli stessi, Renzi subirebbe uno stop di rilievo non secondario. 
Peraltro, sorprende non poco l’atteggiamento, che egli sta tenendo nei confronti dell’Unione Europea: era ovvio che la Legge Finanziaria, da lui proposta nei giorni scorsi, non avesse i numeri a posto, per cui il richiamo da parte degli Organismi Comunitari era ampiamente prevedibile. 
Non tocca a noi, certo, quantificare il margine effettivo di differenza fra il limite finanziario imposto dall’Europa e quello programmato dal Governo italiano, ma un dato politico merita di essere sottolineato. 
Una contrapposizione continua all'azione dei burocrati di Bruxelles – da notare l’uso dispregiativo della parola “burocrate”, che spesso Renzi fa – non è foriera di sorti progressive per il nostro Paese, visto che, se il Premier volesse onestamente e seriamente contraddire l’Europa, dovrebbe non solo mettere in discussione il principio del 3% nel rapporto deficit/PIL, ma più opportunamente potrebbe iniziare a discutere di un’uscita dell’Italia – almeno temporanea – dall’area dell’euro. 
Dal momento che crediamo che questo evento non sia possibile, a meno che non si voglia fare la fine dell’Argentina, è evidente che tutte le invettive contro l’Europa, da parte del nostro Presidente del Consiglio, sono un mero flatus vocis, destinato a non lasciare alcuna traccia, dato che gli equilibri fra gli Stati fanno sì che gli indirizzi politici della Germania costituiscano il Vangelo laico per tutte le altre nazioni - in primis, l'Italia stessa - prive degli strumenti adeguati per contestare la Signora Merkel. 
Quindi, prudenza e serietà non farebbero male, quando non solo si parla agli Italiani, ma soprattutto quando l’interlocutore istituzionale è un Organismo sovranazionale, a cui abbiamo irreversibilmente ceduto parti importanti di sovranità, in virtù delle quali esso vanta il sacrosanto diritto di fare le pulci nel nostro disastrato bilancio pubblico. 
Forse, Renzi - come fece la Chiesa nel Medioevo contro Federico II – vuole contestare il primato germanico sull’Europa intera e sul Mediterraneo, in particolare? 
Forse, vuole apparire come il nuovo Masaniello, che si erge a difensore degli interessi dei cittadini affamati contro burocrati, algidi e privi di sentimenti, che lavorerebbero per renderli più poveri e deboli? 
Dal momento che noi crediamo che la politica non può essere la riduzione in macchietta di una moderna versione della Cavalleria Rusticana, iniziamo a rimpiangere la serietà e l’onestà intellettuale di Monti e dei componenti di quel Governo, che ebbero il coraggio di fare delle scelte impopolari - dichiarandole apertis verbis - sapendo bene che altra via non c’era e che, comunque, essi avrebbero pagato un prezzo salatissimo per le decisioni assunte. 
Frattanto, non possiamo non auspicare che il Governo Renzi cessi di far passare i provvedimenti attraverso il ricorso, sistematico e reiterato, al voto di fiducia, che è la violazione più manifesta delle prerogative del Parlamento. 
Naturalmente, attendiamo con ansia che sia i Presidenti delle due Camere, che il Capo dello Stato facciano finalmente presente all'ex-Sindaco di Firenze che, continuando su siffatta strada, subirà grave nocumento la potestà legislativa dei parlamentari eletti dal popolo sovrano nel febbraio 2013. 



Rosario Pesce

 

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