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Ancora tu…cara e vecchia scuola

Eh sì, m’illudevo che fossi lontana, dimenticata ………. sognata; che appartenessi ad altra vita, oppure eri come un abito dismesso. Invece, sei ancora tu a bussare alla porta, trasportata dal vento dei ricordi .  Sai, ti  ” ho visto” particolarmente affaccendata  mentre spargevi  polvere  di gesso che, tra  effluvi “odorosi” e mille volute, si posava delicatamente sui vetri. Già, domani è giorno di letizia, è  la tua festa, e frotte di gioiosi   ragazzini, al suono della prima campanella, si rincorrono nei tuoi lunghi corridoi, cadono, si rialzano, poi  fanno a gara  a  chi scrive più volte  col ditino: “viva la scuola”. E tu , finalmente, potrai smettere il magone e tornare di nuovo col “cor che si rallegra e in ogni lato risorge il romorio, torna il lavoro usato”.

“Sol chi non lascia eredità d’affetti” allontana da   sé  tenera memoria  e rimpianto  . La scuola no, perché, nonostante sciagurati tentativi di esproprio, continua ad apparire uno strumento di notevole peso, in quanto sembra capace, lavorando a formare le nuove generazioni, di incidere sul tessuto sociale.

Si fa sempre più evidente che è solo dalla ricerca di proposte di lavoro più suggestive ( il vulcanico premier  Renzi ce la metterà tutta) che si può attendere un mutamento di rotta, la creazione di un curricolo tale da dotare il discente di capacità, attitudini e valori che lo rendano più ricco, più forte e più criticamente sicuro di sé. Insomma, di un allievo  con un atteggiamento dello spirito fatto di curiosità, di aperture, di senso della scoperta e della partecipazione consapevole alle scelte.

E’ innegabile che ci sentiamo ancora tra i banchi, soprattutto in questo inizio di settembre tenebroso ed anche cattivo, che accentua scoramento e angoscia, facendoci vivere più intensamente perplessità, stati d’animo confusi e aspettative negate di quanti sono operatori attivi.

 Ed è proprio in questo periodo di forte emozione che ti vien voglia di rileggere, tutto d’un fiato, il classico di pedagogia /sociologia che  ti ha accompagnato maggiormente, lungo il cammino della sopravvivenza, per il suo spiccato concetto cristiano: L’educazione al bivio.

L’esigenza interiore è scaturita anche dalla curiosità costituita dal titolo che l’autore voleva dare all’opera:L’educazione dell’uomo. Jacques Maritain non aveva mai trattato prima in forma intenzionale ed organica il problema educativo, quantunque il complesso delle sue opere contenesse motivi sufficienti anche per una chiara impostazione pedagogica. Secondo il Nostro, non è possibile una concezione educativa senza  un’indagine approfondita sulla vita e sull’uomo e  l’educazione, per essere tale, deve essere di tutto l’uomo in un mondo moderno, sempre più colmo di mezze verità, dove si brancola nel buio e c’è urgente bisogno di ricostruire l’unità cristiana negli ideali della vita.

Ed è opportuno, in questo periodo di forti contrasti internazionali, passare a considerare uno tra i sette errori dell’educazione nel mondo, guarda caso, di attualità sconvolgente più degli altri. Tante volte ( spesso e volentieri) ci vien da dire che il tal politico s’è comportato come l’ultimo dei briganti, come un inqualificabile individuo, come un essere spregevole, e ciò si desume anche dalle consuete esibizioni nei dibattiti parlamentari, o nelle “profumate” esternazioni  durante le interviste. Ebbene, il Maritain, nel quarto  errore dell’educazione, sostiene che prima di adattare il cittadino alla vita sociale, bisogna farne un uomo, cioè a dire, formare la persona umana, perché la persona è primaria, la società viene sempre dopo . Dunque, il grido che si leva è  uno solo : salvare l’uomo, come coscienza e libertà.  Quanta attualità si scopre nel saggio del Maritain  , di fronte ad una crisi infinita dell’educazione/istruzione e conseguente disuguaglianza sociale. In quel dopoguerra si andava alla ricerca di una pedagogia che avesse il suo punto d’appoggio su un nuovo umanesimo, capace di  rinnovare completamente l’umanità. Il nostro tempo pensa e vive la disgiunzione tra umanesimo morente e razionalità scientifico-tecnologica trionfante.

Quando, poi, passa a considerare i compiti supplementari imposti all’educazione, validi per il suo tempo, ci accorgiamo che sono, essi, attuali per il tempo che viviamo, ma , dopo decenni di acqua passata sotto i ponti, stiamo ancora al nastro di partenza.  Infatti, rigenerare i popoli, impone la formazione di pattuglie della pace e per la pace. Impedire la presenza, negli organismi direttivi, di personaggi equivoci, non psicologicamente e moralmente sani, è sì un chiaro riferimento per coloro che avevano retto le sorti del mondo e che trovarono a Norimberga il giusto epilogo delle loro sciagurate imprese, ma è un monito per le “cime tempestose” di questo inizio di millennio. E’ necessario, allora, una purificazione dello spirito cristiano. Troppe verità che fanno male ha detto il nostro Maritain. Nel testo, scavando ben bene , soprattutto con passione e giusta curiosità, si trovano i nomi, cognomi e soprannomi dei personaggi del giorno d’oggi. Il finale dell’opera, poi, è altamente profetico. L’educazione è a un bivio : o si restaura il Cristianesimo o la civiltà andrà in rovina. Per realizzare questa “impresa educativa” personalistica ed umanistica, occorre che la nostra intelligenza conquisti il sacro valore della verità, con la forza della visione razionale. Ed è questa, come già anticipato, la “pars construens ” dell’Educazione al bivio: il concetto cristiano dell’educazione dell’uomo e una definizione cristiana dell’uomo stesso.

Al contrario, le conseguenze sono immediate: potrebbe essere agli sgoccioli l’era dell’educazione, retta dai fini e dai valori, e si viene imponendo quella connessa con l’istruzione, con   tecniche e metodi rivolti all’efficacia e all’economia dell’apprendimento.

 Ancora molto si potrebbe argomentare sull’attualità del testo  , che già dal titolo sembra indirizzato a cogliere bersagli troppo vasti,  tanto che il mio lavoro (  scheda di lettura) è stato condotto con la necessaria consapevolezza di poter solamente operare della rapide sintesi ( forse, spero, le più significative), scegliendo di affrontare alcuni nodi, dovendone tralasciare inevitabilmente altri, ma con la  decisione preventiva di trattare  alcuni aspetti di un problema che, nella sua complessa e articolata interezza,  ripropone il discorso sull’educazione , soprattutto nella sua eventuale incidenza operativa.

Pur tuttavia, dopo lungo e faticoso cammino della speranza, ci stiamo avviando verso una fase di miglioramento lento, ma inarrestabile. L’azione che oggi può influire sulla rinascita della scuola è giusto che sia, innanzitutto,  un’azione  politica ( renziana, per comprenderci) che spinga alla realizzazione di una scuola con le carte in regola: edifici, attrezzature, insegnanti sufficienti (evitiamo, in primis, ammucchiate di allievi ) e quella serie di “provvidenze” che ne garantisca il funzionamento regolare; un’azione politica che sia capace di rimuovere  quella sorta di “accanimento terapeutico”  che ha per nome sostituzione e soprannome…….

( scegliamolo insieme),  che impedisce lo sviluppo di una cultura razionale.

Certo che è deprimente e diseducativo quando assisti alle divisioni di allievi ( la lingua batte….), anche di sostegno, che vanno a stiparsi tra classi e corridoi e mentalmente ripercorri un terreno  calpestato con profondo sconcerto. Altro che inventare strategie nuove per stimolare i più lenti o trovare deterrenti contro comportamenti non corretti. Oggi  che mi piace ancora interessarmi di un mondo che mi ha dato la possibilità di sopravvivere, mi accorgo di essermela cavata appena in tempo (!!!), quando si era agli esordi e non s’era ancora specializzato il trambusto delle sostituzioni che ,a ritmo incalzante, si alternavano, convivevano, scappavano di nuovo, ma si ripresentavano il giorno seguente ed anche l’altro, per poi trovare, more solito, una “meritata sosta”   in coloro che erano  penalizzati per il sol fatto di essere assidui e “fortunati perché stavano sempre bene “. Quanta miseria e ……  lasciamo stare. Poi senti una flebile voce che, al culmine dell’esasperazione per un gioco vizioso e  con regole non sempre di specchiata visibilità e correttezza, sussurra come in preghiera:”Santissima Vergine, chi avrebbe creduto che le cose potessero arrivare a questo segno?”. Come vedi, chi tiene ben salde le radici nei miei pensieri, cara e vecchia e saggia scuola, sei ancora tu…..e non mi sorprende, lo sai!!!                                       Michele Brescia

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