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Siamo tutti gufi?

La credenza nel malocchio è un fatto culturale, che affonda la sua esistenza in momenti oscuri della storia italiana ed europea: la Chiesa, nel Medioevo, condusse una guerra serrata contro streghe e stregoni, accusati di essere forieri del Maligno, con tutte le nefaste conseguenze del caso, visto che a pagare il prezzo più alto furono persone innocenti, colpevoli solo di essere invise a chi conduceva, in nome e per conto dell’Inquisizione, una lotta senza quartiere contro povere ed indifese creature. 
Oggi - a quanto pare - c’è chi, ancora, crede ai gufi, pur occupando un ruolo istituzionale di primissimo piano: il riferimento, infatti, va al Presidente del Consiglio, il quale divide la pubblica opinione ed i grandi media fra amici e gufi. 
I primi sono, naturalmente, quanti lo osannano e gli tributano il pur giusto consenso per le cose, comunque, finora fatte; i secondi, invece, sono coloro che si permettono di criticarne l’operato e, soprattutto, presagiscono scenari apocalittici, frutto della proiezione dei primi sei mesi della sua azione politica. 
Inizialmente, i gufi erano nostri connazionali, mentre, da qualche giorno, vengono associati al noto uccello, anche, dei soggetti internazionali, quali alcuni dirigenti dell’Unione Europea ed, in particolare, coloro che lavorano per conto delle agenzie di rating americane, che hanno pubblicato, di recente, esiti negativi circa la possibilità di crescita del nostro Paese nel corso del prossimo semestre. 
I dati, però, non sono inventati, né sono il frutto di una prefigurazione tipica dei gufi: essi sono fondatamente reali, visto che, nel corso della prima parte del 2014, l’indebitamento pubblico è aumentato, il deficit è, ormai, fuori controllo e - cosa ben più grave - è calato vertiginosamente il nostro P.I.L., a testimonianza del fatto che gli Italiani, nella presente congiuntura economica, si trovano a consumare molte più ricchezze di quante non ne producano. 
Proiettare i risultati, economici e finanziari, del primo semestre del 2014 sulla seconda parte dell’anno solare sembra mero esercizio scolastico, per cui non reputiamo che siano state spese le energie del Maligno per ipotizzare che, nel prossimo mese di dicembre, i risultati del primo semestre, purtroppo, potranno trovare solo conferma, se non addirittura essere lievemente modificati, comunque, in senso peggiorativo. 
Di fronte ad un’emergenza nazionale di non poco conto, che richiede il ricorso ad una manovra finanziaria aggiuntiva e, dunque, ad un’ulteriore richiesta di danaro, rivolta dallo Stato ai suoi cittadini, il Premier si diverte ad immaginare poteri malefici da parte di questo o quel giornalista, questo o quell’economista, pur di non rispondere, nel merito, alle questioni vere, che meriterebbero un approfondimento serio e, per nulla, ironico. 
Il Paese, infatti, nei prossimi mesi dovrà, necessariamente, rialzarsi dalla crisi odierna, se non vorrà sprofondare nello sconforto ed in una condizione, che potrebbe divenire intollerabile, sotto diversi profili. 
Certo, pensare positivo aiuta, almeno psicologicamente, il paziente a guarire, ma una simile strategia può tornare utile, qualora si trattasse di una malattia di origine nervosa; altra cosa è, invece, trovarsi in presenza di una patologia, che mette insieme fattori di arretratezza economica con elementi di grave instabilità politica, che invero non favoriscono, perché non aiutano a trasmettere fiducia in quelle istituzioni che, in casi simili, divengono generalmente il primo ed essenziale interlocutore per chi, dalla malattia, vorrebbe uscire più forte e sano di prima. 
Già Berlusconi, prendendosi beffa dei primi segnali della crisi, che emergevano quando era a Palazzo Chigi, invitò più volte gli Italiani ad affondare ogni pensiero negativo in una fragorosa risata, facendosi così anticipatore della strategia mediatica del suo successore ed attuale inquilino del medesimo Palazzo della politica romana. 
Purtroppo, i palliativi non producono risultati – come sanno benissimo i medici – e giocare a nascondere la malattia ad un malato cosciente risponde ad un protocollo terapeutico ampiamente discutibile, dal momento che si rischia che egli vada incontro ad una lenta consunzione, che non può trarre beneficio, neanche, dall’effetto placebo di una bugia recitata a fin di bene, visto che tutti – sia il medico, che il paziente – sanno bene quella è solo una bugia e, forse, anche mal detta. 
Quindi, fuori di metafora, sarebbe opportuno che, alla ripresa autunnale, i livelli più alti delle nostre istituzioni abbiano il coraggio di pronunciare un discorso di verità agli Italiani che, se devono fare ulteriori sacrifici, per evitare che la Repubblica vada in default, possono farli, capendo bene, però, cosa li aspetta ed essendo informati sui tempi e le modalità dell’intervento di salvataggio dello Stato. 
La democrazia si costruisce su un patto, contratto fra lo Stato ed i cittadini: è giusto che chi dovrà essere il principale attore di una simile contrattazione sappia a cosa vada incontro: solamente così, potrà essere spronato a donare una parte di sé e del proprio lavoro alla comunità nazionale, intuendo che dal futuro altrui dipende, in larga misura, il proprio e che, perciò, non conviene a nessuno fare il furbo o, peggio, il dissimulatore. 
Frattanto, fino a quando non vedremo segnali di miglioramento, recriminiamo il nostro giusto diritto ad avere un’opinione diversa da quella ufficiale, coscienti che l’equiparazione con la nota categoria ornitologica, amata da Renzi, può - invero - regalarci un sorriso tanto effimero, quanto amaro. 


Rosario Pesce

 

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