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Lavoro, Orlando: "Ridurre orario lavorativo". Musto: "Non resti solo uno slogan".

 

E’ eccezionale con quale invidiabile nonchalance la sinistra ponga dei propositi ammirevoli puntualmente ad ogni vigilia di tornata elettorale. Quella del Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il quale giustamente (apparentemente) sottopone all’attenzione dei propri colleghi (ma più propriamente del proprio elettorato) la gravosa condizione oraria di milioni di lavoratori italiani, risulta essere una proposta innovativa e finalmente rivoluzionaria. Se non fosse che ricordi la famosa “battaglia delle 35 ore” promossa, qualche decennio fa, da Fausto Bertinotti: una riforma necessaria, abbandonata subito dopo che “fu Rifondazione Comunista” andò al governo, ed il proprio leader occupò lo scranno più alto della Camera dei Deputati.

Ridurre l’orario lavorativo, soprattutto per quegli impieghi che sono considerati usuranti, è un dovere della classe politica che costantemente resta inevaso. Nel mondo, progetti che prevedono la settimana lavorativa di quattro giorni sono già stati adottati da tempo, seppur in via sperimentale; evidentemente perché l’obiettivo era davvero quello di migliorare la qualità della vita dei cittadini e non condurre la solita campagna elettorale “all’italiana”. Inoltre, in Paesi come Stati Uniti, Canada, Giappone, Irlanda, Australia, Nuova Zelanda, Belgio, Spagna, Scozia, Islanda ed Inghilterra, è già stato confermato un aumento della produttività, a retribuzione invariata.

La sinistra, da sempre, si arroga una sorta di monopolio esclusivo relativo alla tutela del lavoratore (anche grazie ad un centro-destra, coinvolto in un’alleanza di governo discutibile, incomprensibilmente incapace di controbattere), il quale viene, invece, scaricato regolarmente ogni qualvolta la stessa si trovi nelle condizioni di poter davvero concretizzare ogni propria promessa. E’ inconfutabile che l’unico obiettivo raggiunto dal partito di Orlando sia stato quello di favorire la radicazione di un sindacato che non difende più i lavoratori bensì unicamente il consolidamento delle proprie posizioni di potere. Anche mediante l’ormai consueto passaggio dei segretari di CGIL, CISL e UIL nelle fila dirigenziali del Pd ed affini: una sorta di avanzamento di carriera.

Noi di Primavera Meridionale auspichiamo che finalmente si apra un serio tavolo di confronto su questo tema assolutamente fondamentale e che si giunga ad una vera e propria riforma del lavoro che contempli “il lavoro per l’uomo e non più l’uomo per il lavoro”, come soleva affermare Giovanni Paolo II.

 

 

Eugenio Musto

Dipartimento Famiglia e Lavoro

Primavera Meridionale

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