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Ricordo di Vincenzo D’Alessio

di Renzo Montagnoli

Arriva dagli Stati Uniti il prestigioso riconoscimento al nostro amato professore Vincenzo D’Alessio, tra l’Olimpo dei migliori poeti <<...meridionalista sulla lunghezza d’onda di un Bartolo Cattaffi, di un Rocco Scotellaro, di un Domenico Rea, dei quali, senza che si esagitino gli accostamenti, il Nostro può considerarsi discepolo ideale.>>
 
A scrivere, come dicevano sul volume fresco di stampa “Raccontare la poesia (1970-2020)” è niente di meno che Luigi Fontanella, professore emerito di letteratura italiana presso l’università statale di New York, ha insegnato al Barnard College della Columbia University e al Wellesley College. Negli anni Ottanta è stato corrispondente culturale da New York per Rai Uno, poeta, saggista, narratore e drammaturgo, fra i suoi libri più recenti: L’azzurro memoria, Pasolini rilegge Pasolini, Migrants Words. 
 
Ricordiamo ai più giovani che il nostro compianto prof. D’Alessio rimane tutt’ora un faro luminoso, ha dato inizio dagli anni 1967 a istruire e formare diverse formazioni musicali nelle concerie solofrane; 
ha dato vita agli studi di: archeologia in particolare nei territori di Solofra-Montoro-Serino e Calvanico.
archeologia della concia della pelle;
 salvaguardia dei beni architettonici e paesaggisti; valorizzazione e diffusone del culto Micaelico (diversi convegni internazionali).
Attivo ecologista fin dagli anni 1970 ha promosso svariate azioni legali a salvaguardia dell’ambiente. 
 
Ha insegnato nelle scuole gratuitamente storia locale, poesia, archeologia e musica e insignito dal Presidente della Repubblica con onorificenza a Cavaliere della Repubblica. 
 
La cronistoria del Nostro sarebbe davvero lunga; quanti volessero  approfondire possono farlo sia online che presso le Biblioteche nazionali.  
 
Se al Nostro compianto prof. D’Alessio ad oggi la sua città Natale non gli riconosce nemmeno un saluto, da tutto il mondo arrivano attestati di riconoscimento, il valore incommensurabile, l’eredità culturale e umana del prof. Vincenzo D’Alessio è stato colui che per due panini e due birre salvò la lapide del convento di Sant’Agostino (oggi imbrattata e posta nel giardino De Chiara antistante Dopolavoro Comunale). 
 
Il Convento Agostiniano da lui difeso a spada tratta, dalla macchina demolitrice, selvaggia e irragionevole della ricostruzione post terremoto; solo contro i poteri non riuscì a fermare lo scempio. 
 
Nei primi giorni della primavera del 2020 è venuto a mancare, dopo lunga malattia, Vincenzo D’Alessio, un uomo dai molteplici interessi culturali, ma soprattutto un poeta, che ho avuto modo di apprezzare nell’arco di una decina di anni con le sue poesie che senz’altro non possono lasciare indifferenti e che per certi aspetti lo accomunano a un altro grande di questa nobile arte, quel Rocco Scotellaro scomparso, ancor giovane, nel lontano 1953.
Entrambi infatti sono stati dei cantori del Sud, un meridione non elegiaco, popolato da povera gente che lotta ogni giorno per sopravvivere, costretta spesso a emigrare, sfruttata sovente all’estero come in patria.
Eppure la poesia di Vincenzo D’Alessio va oltre i pur ampi confini territoriali di un mezzogiorno in perenne attesa di riscatto, perché la sua è una naturale vocazione a combattere ogni ingiustizia, la sua è una voce che si leva a porre in risalto la disperazione di chi è vessato ogni giorno, senza speranza di migliorare; quello che può sembrare uno spirito rivoluzionario in effetti non lo è, Vincenzo non era un sobillatore, né un Masaniello, era semplicemente un uomo che richiamava l’attenzione su problemi sovente trascurati da tanti, che invitava a chi di dovere di non far finta di non vedere, volgendo il capo dall’altra parte.
Avrei voluto scrivere una monografia per rendergli onore e far comprendere a chi leggerà il suo valore, ma purtroppo non ho letto tutta la sua corposa e variegata produzione; pertanto sono costretto a parlarne in termini più generici, sperando comunque che così si possa comprendere quel che si è perso con la sua scomparsa.
Mi sembra peraltro opportuno riportare una breve nota biobibliografica, così come l’ho trovata sul Corriere dell’Irpinia che il 4 aprile 2020 annunciava la sua morte.
“Vincenzo D’Alessio, nato a Solofra 1950, viveva a Montoro (AV). Laureato in Lettere all’Università di Salerno, è stato l’ideatore del Premio Città di Solofra e fondatore del Gruppo Culturale “Francesco Guarini”. Ricordiamo alcune opere  poetiche pubblicate con Fara: La valigia del meridionale e altri viaggi (2012, 2016); Il passo verde (in Opere scelte, 2014), La tristezza del tempo (in Emozioni in marcia, 2015) e Alfabeto per sordi in (Rapida.mente, 2015) poi in appendice a Immagine convessa (2017); Dopo l’inverno (2017, II class. al Faraexcelsior, III premio del Concorso Terra d’Agavi 2018, segnalata al Premio Civetta di Minerva, finalista al Premio Tra Secchia e Panaro 2018); Nuove anime (2019). Del 2018 sono i Racconti di Provincia. Nei suoi scritti abbraccia con profonda competenza la nostra letteratura: poeta, critico, saggista, esperto di archeologia, tradizioni popolari (in particolare del culto micaelico) e storia fa vibrare le parole e ce le rende sorelle. L’empatia del critico (marzo 2020)  raccoglie un decennio di contributi per il blog farapoesia. Alcune epilogie ce lo fanno conoscere nella sua acribia, umanità, intelligenza, onestà e forza poetica.”.
Come è possibile notare Vincenzo D’Alessio aveva una mente eclettica, non rara nelle genti italiche; si interessava di letteratura, di archeologia, di storia e di tradizioni popolari, aveva fondato il Gruppo Culturale Francesco Guarini, aveva istituito il Premio biennale di poesia Città di Solofra. E Solofra è il comune in provincia di Avellino dove era nato, comune che deve tanto a Vincenzo D’Alessio, sempre impegnato a valorizzarne il territorio.
L’occasione per conoscerlo è stata un libro di giudizi critici che mi ha inviato l’editore Fara di Rimini e che si intitola “Profili critici”, un volume che lessi (correva l’anno 2010) con vero piacere, apprezzando la chiarezza dell’esposizione e la totale indipendenza da qualsiasi influsso esterno, vuoi dell’autore che dell’editore. Poi sono seguiti i libri di poesia che mano a mano pubblicava con l’editore Fara, a cominciare da “Immagine convessa”, una raccolta dedicata al figlio Antonio, prematuramente scomparso, e che mi ha particolarmente colpito, tanto che la mia recensione è stata ampiamente positiva, giudizio critico che si può sintetizzare così: “Quando il silenzio è più forte di un grido.”. Successivamente ho avuto modo di esaminare “La valigia del meridionale e altri viaggi”, silloge che più di tutte avvicina la sua poetica a quella di Rocco Scotellaro, una raccolta che è un grido di dolore per la situazione del meridione e che, incisiva come è, ma mai violenta, e comunque sofferta, mi ha fatto conoscere un diverso Vincenzo D’Alessio, tanto da considerarlo l’aedo del Sud. Ancora più disperata è poi la raccolta, pubblicata dal suo gruppo culturale, “Versi di lotta e di passione”, nello stesso filone di La valigia del meridionale e altri viaggi.
Negli ultimi tempi il senso di ingiustizia gravava maggiormente sulle sue spalle e la sua poesia era una denuncia sempre più accentuata di questa condizione, ribadita da “Dopo l’inverno e altre poesie”, una silloge uscita nel 2018 per i tipi dell’editore Fara. Sempre lo stesso anno ho avuto l’opportunità di leggere la narrativa di D’Alessio, “Racconti di Provincia”, edito pure questo da Fara, una raccolta di racconti in cui ancora una volta si porta alla ribalta l’indigenza, ma, soprattutto, l’ingiustizia che patisce la povera gente del Sud.
La poesia, come è noto, riflette il suo autore e nel caso di Vincenzo D’Alessio mi preme evidenziare come in lui la violenza fosse del tutto bandita, perché c’era invece solo l’amore per i meno fortunati e il desiderio che tanta povera gente potesse avere finalmente un riscatto. Utopia? Forse, ma se non si tenta tutto rimane come prima.
Mai come ora avverto la sua assenza, il suo forzato silenzio, le poesie che in questo mondo in continua e quasi sempre mai in positiva evoluzione non sarebbero certo mancate.
Nelle ore torride di quest’estate ogni tanto la mia mente corre a lui e avverto chiaro che il suo silenzio è più forte di un grido, che il Sud è diventato orfano del suo cantore.
 
Nico D'Alessio

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