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Sanremo: «Non solo musica».

Un urlo nella notte, di dolore, di rimpianto. Definitivo, quanto l'assenza di pietà e di speranza. Un urlo che squarcia e fa a pezzi il velo rosa che avvolge il Festival di Sanremo. È tardi all'Ariston e Rula Jebreal ha presentato le canzoni in gara. In giornata aveva annunciato che il suo monologo avrebbe fatto rabbrividire. Ma dirlo a freddo non dà la misura e poi nessuno ci aveva piu pensato. Rula parla davanti agli occhi pietrificati della figlia, davanti a un pubblico incredulo e racconta una parte della sua vita. La madre abusata che si sceglie una morte terribile, lei, le donne offese alle quali va l'onda di comprensione. 
Poi racconta: «Sono cresciuta in un orfanotrofio, ci raccontavano delle nostre madri spesso struprate, torturate e uccise» e si commuove. Cita i «numeri terribili» della strage della violenza sulle donne in Italia. Ogni tre giorni viene uccisa una donna, solo la scorsa settimana sei. Non dobbiamo più avere paura, noi donne vogliamo essere libere nello spazio e nel tempo, essere silenzio e rumore e musica. Perchè la musica può e deve arrivare a tanto.
Prosegue: «Mia madre ha perso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni, si è suicidata dandosi fuoco, perché il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi. Era stata brutalizzata e stuprata due volte: una prima volta da un uomo a tredici anni, la seconda da un sistema che non le ha permesso di denunciare». 
L'Ariston si alza in piedi per una standing ovation con gli occhi umidi. 
Ora anche le canzoni saranno un'altra cosa. 
 
Simona De Vita 

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