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L'omaggio al Principe

Nel giorno dell’anniversario della nascita di Totò, non si può non rendere omaggio ad un Principe, che fu tale per diritto di nascita, oltreché per la sua notevole arte, che tuttora viene ammirata ed apprezzata nel mondo intero, nonostante siano trascorsi cinquant’anni dalla sua morte.
Eppure, quando fu in vita, la sua arte non venne esaltata, come avrebbe meritato.
Egli fu artista a tutto tondo: portava con sé, infatti, la poliedricità di un uomo che ha vissuto le difficoltà di una vita grama, viste le origini.
D’altronde, il quartiere Sanità, che lo ha visto muovere i primi passi, è uno dei più ricchi in termini culturali del centro storico di Napoli: un coacervo di culture, modi di essere e di presenze, che rende quel tratto di Napoli unico nella città.
Totò recava con sé il sentimento di rivalsa di quelle persone, così come ha sempre manifestato un sentimento elitario, dovuto ad un animo gentile che, nella vita concreta, lo faceva essere molto diverso dalla macchietta che, invece, calcava i teatri ed i set televisivi.
La sua era una comicità unica, fatta di parole, atteggiamenti, gesti, silenzi, sguardi, cioè di tutto quel patrimonio umano che si può imparare ad amare ed apprezzare girando per i decumani della Napoli antica, moderna e borbonica.
Ma, con sé recava una tristezza profonda, che derivava dalle sue vicissitudini esistenziali, alla pari di moltissimi cittadini napoletani dell’epoca che vivevano al limite fra due mondi – quelli della miseria e della nobiltà – senza appartenere in modo integrale a nessuno dei due. Non sfugge il fatto che egli, in vita, abbia dovuto incontrarsi e scontrarsi, se necessario, con altri titani della cultura napoletana - i De Filippo in particolare - che rappresentavano con Eduardo, Peppino e Titina la cultura teatrale nel modo più alto e vitale possibile, ma da quel confronto indiretto non ne è uscito sconfitto, visto che la sua commedia dell’arte non appariva vecchia e desueta rispetto ai vertici melodrammatici dell’arte della commedia di Eduardo.
Totò è stato – diremmo, a prescindere – l’espressione migliore della cultura napoletana popolare nel momento del trapasso dal mondo del teatro e dell’avanspettacolo a quello della televisione e del cinema.
E, forse, con la sua arte ha per davvero realizzato la compiuta “livella” fra miseria e nobiltà, visto che come non c’è riso senza tragedia, così non esiste lo spirito nobile senza la radice più autentica e vivida del popolo napoletano.


Rosario Pesce

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