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I benefici di pena dovrebbero essere regolati allo stesso modo per il mafioso e per il comune malfattore

Caro direttore, Corrado Augias ha riflettuto sulla pronuncia della Corte di Giustizia europea contro il carcere ostativo ai mafiosi, contro cioè una pena a vita che “osta” a una sua qualsiasi modifica nel senso che non può essere abbreviata né attenuata a meno che il criminale non decida di collaborare con la giustizia. Egli ha scritto che “quello che vale per il comune malfattore vale meno per i mafiosi legati da un patto di sangue alle loro associazioni” (Perché il mafioso non è un delinquente comune; La Repubblica, 11/10/2019). Non sono d’accordo. Quando si tratta di valutare se accorciare o meno la pena ad una persona che ha visibilmente cambiato in meglio il suo comportamento non si dovrebbe distinguere tra il comune malfattore e il mafioso. I principi che regolano la concessione dei benefici di pena dovrebbero valere per entrambi allo stesso modo. Non comportandosi così il nostro sistema giudiziario commette un’evidente ingiustizia. Si dovrebbe al massimo pensare di concedere maggiori benefici al mafioso che decide di collaborare con la giustizia ma non imporre la collaborazione come unica strada per usufruirne sapendo che essa è, in pratica, una dichiarazione di guerra del mafioso ai suoi ex sodali che spesso ha conseguenze gravi per sè e per i suoi familiari.

Cordiali saluti

Franco Pelella – Pagani 

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