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La Cgil ribadisce l'opposizione all’autonomia differenziata

«L’indagine conoscitiva sui sistemi tributari delle regioni e degli enti territoriali avviata dalla Commissione finanze nella prospettiva dell’attuazione dell’autonomia differenziata non rasserena di certo un quadro che per il Sud e per  l'Irpinia si preannuncia a tinte molte fosche». Il segretario generale della Cgil irpina Franco Fiordellisi esprime forti perplessità sulle recenti manovre dell'esecutivo Giallo-Verde e ribadisce la netta contrarietà del sindacato all'autonomia differenziata.
 
«Noi siamo sempre attenti e siamo estremamente preoccupati per l'assenza di trasparenza nelle comunicazioni tra Stato e Regioni che hanno chiesto l'autonomia differenziata e anche il federalismo fiscale. Ma chi applaude a queste intese e alle gesta di Salvini, oppure resta quasi convinto dalle parole dei Governatori Zaia e Fontana, ha capito fino in fondo dove stiamo andando a finire?».
 
«Sulla questione e rispetto alle bozze che stanno circolando, chiediamo che si esprimano gli Enti Locali. In particolare i Comuni, i quali hanno specifiche prerogative Costituzionali, prescindendo dal colore politico, ma che fino a questo momento sono rimasti inermi».
 
«È bene ricordare che i pezzi che creeranno ulteriore disequilibro sono quelli direttamente collegati alle materie che possono essere delegate, ovvero Ambiente, Beni culturali, Sanità, Istruzione, Formazione, Prevenzione e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro . La richiesta del Governo, e dei Leghisti in particolare, pare essere quella di dover dimostrare quanto le Regioni sono brave a gestire queste materie: ma qua è in gioco il futuro di milioni di cittadini e sulla pelle della gente, dei Lavoratori, non è possibile giocare in questo modo subdolo e poco trasparente».
 
«Così come sta procedendo, questa riforma va bloccata immediatamente. Infatti, il regionalismo differenziato, così come sembra procedere, non potrà che generare ulteriori fratture tra Nord e Sud del Paese. E questa volta potrebbero essere davvero insanabili in quanto coinvolgerebbero non solo le regioni, ma anche, all’interno delle stesse, le aree interne montuose e quelle metropolitane e costiere. O si inverte la rotta o sarà mobilitazione».
  
«La via d'uscita passa per l'individuazione dei Livelli essenziali di prestazione (Lep) previsti dal nostro ordinamento e connessi alla salute, all’istruzione, alla formazione, all’assistenza sociale, ai servizi essenziali in genere, i così detti Diritti Civili. Ricordo che sono previsti da una Legge ordinaria rimasta inapplicata la 42/2009, ovvero la definizione del quadro, minimo nazionale unitario, dei Diritti. Soltanto poi si possono avviare azioni di coesione e potenziamento senza per forza scendere al compromesso del regionalismo e del federalismo fiscale». 
 
Insomma, c’è bisogno di una piccola rivoluzione. «E per farla bisognerebbe trovare il modo per trattenere i tanti troppi giovani che scappano e portano il loro talento altrove perché l'autonomia differenziata rischia di rimanere una chimera per la nostra regione, così come un danno generale in una sorta di Italia Arlecchino».
 

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