Il venti marzo è stata la giornata della felicità.
L’essere felici è riconosciuto come un diritto degli individui… e se lo pensassimo come un bisogno? Alla stessa stregua dei bisogni fondamentali dell’essere umano: avere nutrimento, avere un riparo, sentirsi al sicuro. Come vi suona: il bisogno di essere felici?
Facciamo un passo indietro e vediamo la differenza tra bisogno e diritto. Dal Devoto Oli, dizionario della lingua italiana, bisogno “ mancanza di qualcosa ritenuta utile o necessaria; necessità, esigenza.”; diritto “facoltà, consentita e tutelata dalla legge, di esprimere un determinato comportamento in funzione dei propri interessi; per estensione, la stessa facoltà derivante da norme e consuetudini di natura non giuridica ma da convenzioni o da ragioni morali di rispetto e di giustizia”. In base alle definizioni, direi che l’essere felici è sia un bisogno che un diritto, nasce dalla profondità di noi stessi e dalla nostra capacità di ragionare.
Assodato questo, diamo un’occhiata anche alla definizione di felice, sempre dal Devoto Oli, “ perfettamente sereno, pienamente soddisfatto; per estensione, che si svolge o si compie secondo i desideri e le aspettative oppure senza alcun incidente”. Qui direi che cominciano i problemi. Essere perfettamente sereno, pienamente soddisfatto, riuscire a far sì che gli accadimenti della propria vita si svolgano secondo i propri desideri e aspettative e senza alcun intoppo, è fissare un’asticella ad un’altezza piuttosto elevata e il salto dall’altra parte potrebbe risultare estremamente difficoltoso. Abbassiamo per un momento l’asticella, guardiamo i desideri e le aspettative. Quante volte, desideriamo “cose” che, a ben valutare, non ci sono necessarie né utili e perdiamo il sonno per vedere come fare per averle? E se le otteniamo, quante volte non le guardiamo neppure? Non potrebbe essere più vantaggioso calibrare i desideri sulla propria natura e sugli effettivi bisogni? Come minimo, ci sarebbe meno spreco di energie e forze, meno perdita di tempo e di speranze, ma agire in tal modo, richiede una messa in discussione di noi stessi, un guardarci nell’intimo, un far emergere cosa è veramente importante per noi e la nostra felicità.
Il Dott. Frankl sosteneva che era importante definire una piattaforma di valori e situazioni e coltivarli, per collocarsi in uno stato di benessere e, quindi, di felicità.Tenendo conto che l’essere umano realizza se stesso nell’individualità e nella società, nella serenità, rispetto, amore responsabile di sé e del mondo circostante, abbiamo a disposizione alcuni parametri di riflessione sufficienti per orientarsi.
Ognuno di noi dovrebbe sapere che panni veste e che panni vorrebbe vestire per essere realmente felice: se non lo sa, è ora di cominciare la propria ricerca personale.