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21 settembre 1943: il rintocco delle bombe

- "Ero con mia madre, avevo 11 anni ed eravamo appena state a Solofra per andare a comprare il pane giù ai Volpi da Lucia Romano. Dovevamo scendere a Sant'Agata a rifugiarci nella galleria ferroviaria dove c'erano i miei fratelli e sorelle, mio padre Aniello e quasi la totalità delle frazioni e di Solofra, poiché ci avevano avvisate degli immediati bombardamenti. Gli aerei erano sopra di noi. Fummo prese di sorpresa. L'inferno! Ci rifugiammo sotto il portone di un'abitazione di Sant'Andrea, in via Italo Cotone. Il nostro primo pensiero fu quello di non riuscirci a salvare. Le bombe le sentivamo vicine. Io, tremolante e abbracciata a mia madre, pensavo quanto potesse durare tutto ciò. Quando potesse terminare l'inferno! "Mà, mo murimm", queste le parole! Alcune bombe, esplose, erano vicine alla nostra abitazione, dove attualmente sono state costruite le case popolari. Addirittura verso la fine degli anni '70 sono state ritrovate altre inesplose. Terminati i primi bombardamenti, andammo provvisoriamente alle fornaci, perché abitava una mia zia, la sorella di mia madre. Tutti noi ascoltavamo notizie confuse. Ascoltavamo ripetutamente la parola "Armistizio", credendo la fine della guerra e del ritorno a casa dei miei fratelli Raffaele e Alfonso. Ma niente da fare. Mio fratello Alfonso fu fatto prigioniero ed era a Caserta e ritornò solo due anni dopo. Molta gente uscì dalla galleria il giorno di San Michele, mi ricordo! C'erano morti a Solofra e la città era distrutta. Noi tornammo a casa settimane dopo. Trovammo tutto sottosopra, porte aperte, finestre rotte e spalancate! Stesso l'urto delle bombe. Tutte le provviste che avevamo erano scomparse. Non c'era più nulla. Le razioni di viveri che avevamo accumulato nel tempo furono prese dai tedeschi, i quali erano pronti a lasciare presto Solofra. Non avendo riserve di cibo e con l'arrivo dell'inverno e con l'inverno il freddo, andammo a Serino a vendere la nostra biancheria ed in cambio ci davano cibo…"

- "Ero a casa coi miei genitori, i miei fratelli e sorelle, eravamo piccoli. Abitavamo nella zona periferica di Solofra, prima erano tutte terre, si coltivava e si lavorava (più o meno la zona era tra le Masserie e l'uscita autostradale proveniente da Salerno). Ad un certo punto, la mattina presto, proprio nel giorno del bombardamento Alleato, sentimmo bussare alla porta ripetutamente e con una grande paura mio padre Antonio aprì. C'erano diversi militari tedeschi che chiedevano qualcosa da mangiare ed in cambio avevano intenzione di dirci qualcosa. Dopo dato alcune provviste, un militare tedesco iniziò a comunicarci qualcosa, ma sapevano poco e niente di italiano. L'unica cosa che riuscimmo a capire fu "Via! Via! Boom!", facendo gesti frettolosi con le mani e la bocca, per indicare che sarebbe arrivato qualcosa di brutto nella zona, e poi andarono via! In preda al panico, vedemmo gruppi di persone avviarsi presso la galleria e li raggiungemmo..."

Queste sono le testimonianze delle mie nonne, Italia D'Urso (a mast'Aniell) e Graziuccia De Maio (a pallon), riguardante i bombardamenti avvenuti a Solofra il 21 settembre 1943. Quello che non potrò raccontare è il modo in cui le mie nonne ed altri anziani hanno testimoniato, con la loro lingua, col dialetto e la mimica, ma vi lascio immaginare. Dalle loro labbra, con voce tremolante, suscitavano stupore, tristezza. Il ripetere più volte la stessa frase per l'orrore vissuto, senza vergognarsi, metteva i brividi, perché loro raccontavano semplicemente la realtà.

 

paolodestefano

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