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Il bello del mondiale

È evidente che un Mondiale di calcio è gustabile non solo per le partite, ma viene seguito dalla pubblica opinione internazionale perché è un fenomeno sociale lato sensu, che va ben oltre l’aspetto meramente tecnico ed agonistico.

D’altronde, mai come negli ultimi anni, ad ospitare le rassegne sportive prestigiose – come, appunto, il Mondiale o le Olimpiadi – sono Paesi in ascesa, la cui crescita economica rischia di oscurare la vecchia Europa.

La Russia, in tale contesto, è la potenza “nuova” a livello sia continentale, che mondiale, visto che la fine del Comunismo e l’inizio della nuova era capitalistica ha consentito ai Russi, nel corso di due decenni, di acquisire un livello di benessere che l’Europa non riuscì a costruire con la medesima velocità dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale e la fine del Nazi-Fascismo.

D’altronde, la Russia non è semplicemente uno Stato nazionale, ma è - pur sempre - l’erede della vecchia Unione Sovietica, con una capacità analoga di espansionismo sia economico, che politico-militare.

Se il Mondiale di calcio, dunque, sta divenendo una vetrina di fondamentale importanza per Putin e per la classe dirigente di quel Paese, per altro verso non si può non rimarcare quanto ampio sia, ancora, il margine di crescita di una fetta significativa dell’Europa.

Infatti, non è un caso se, nel corso degli ultimi venti anni, l’economia sia cresciuta più velocemente proprio nelle aree ex-comuniste, che hanno sprigionato una vitalità che ha portato alcuni Stati in particolare, dalla Croazia alla Repubblica Ceca, dalla Polonia alle Repubbliche Baltiche, ad essere protagoniste di uno sviluppo senza eguali, nello stesso periodo, in altre parti del mondo.

E l’Occidente europeo?

Un po’ come le rispettive Nazionali: il blasone c’è, ma le speranze di vittoria sono nettamente inferiori rispetto a quelle di qualche edizione passata dei Mondiali.

C’è bisogno di rinnovamento e solo i Paesi, che in tutti i settori vincono la scommessa del cambiamento, sono in grado di conservare un livello adeguato di competitività.

Una simile asserzione vale nel calcio, come nella politica o nell’economia.

In tal senso, in particolare l’Italia sarà capace di rinnovarsi per tornare al prestigio ed al fulgore di un tempo?

Rosario Pesce

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